Originariamente inviato da
audiodan
E' cognizione comune che i musicisti ascoltano la musica quando suonano essi stessi, quando suonano altri colleghii e, più raramente, a casa loro, in quest'ultimo caso con sistemi i più improbabili e tra i meno performanti esistenti , preoccupandosi ben poco della qualità "sonica"dei loro sistemi di riproduzione.
E' cognizione mia personale, invece, che la quasi totalità delle volte un brano musicale ascoltato in macchina con un'autoradio del piffero riesca a coinvolgermi assai di più che in un ascolto casalingo iperrealista.
Da qui è nata una serie di riflessioni sul limite che l'alta fedeltà rischi di diventare per una completa e soddisfacente fruizione e comprensione del linguaggio musicale.
Ovviamente non mi interessa per nulla l'eterna diatriba ascoltoni/misuroni bensì cercare di razionalizzare il pensiero che mi si è formato in testa: l'audiofilo gode fisicamente nella percezione dei suoni eufonici (intesi nel senso più letterale del termine) mentre ha solo un flebile interesse al linguaggio musicale, il musicofilo gode della comprensione del messaggio musicale, razionalmente e/o emotivamente, anche se questo viene percepito in maniera sub-ottimale. Ma perchè accade questo?
Deve essere sottolineato che il senso dell'udito umano ha una serie di caratteristiche che lo contraddistinguono dagli altri organi di senso, perchè esso ha una enorme integrazione corticale, cosa che rende l'homo sapiens capace di recepire un linguaggio complesso ed evanescente come la musica. Uno scimpanzè è in grado di disegnare ma non mi risulta che nessuna specie animale al di fuori dell'uomo sia in grado di elaborare un linguaggio musicale, seppure elementare.
Il bel suono è nato assieme all'elettronica, è figlio di questa, perchè in precedenza esisteva solo la bella voce, umana o strumentale, ma non si riproduceva un bel niente. Fino all'inizio del secolo scorso, in pratica, la riproduzione musicale era infatti inesistente.
Il cilindro di cera di Edison ha cambiato le carte in tavola, da li è partita una rivoluzione che però, per motivi non solo economici, ha spostato lentamente il bersaglio dalla musica al suono, come dire dalla casa al mattone.
Personalmente mi sto convincendo che la ricerca del " bel suono" sia diventata una ricerca fine a se stessa, sempre più vicina ad una vera patologia comportamentale, l'audiofilia, che vive ripiegata sui suoi miti, sugli oggetti eletti a fetticcio, sulla ricerca spasmodica del piccolo passo in avanti verso un tentativo asintotico di perfezione, ovviamente irraggiungibile. Chi scrive è tutt'altro che immune a tutto questo, altrimenti non continuerebbe nella sua perversa ricerca del "passo in avanti", in realtà più spinto dalla curiosità di "vedere di nascosto l'effetto che fa" che del tentativo di soddisfare l'insana passione per il bel suono, quest'ultima che assume spesso aspetti compulsivi, come la reiterazione dell'assassinio per il serial killer, che necessita di ripetere il gesto omicida per saziare le sue brame.
Non sono esente, è vero, ma sono ben consapevole che ultimamente ho iniziato più a godere dei suoni che della musica e questo mi ha fatto suonare un campanello d'allarme che voglio condividere con chi ha avuto la bontà e la pazienza di leggere queste righei. Forse l'anelito alla perfezione è un sentimento nobile ( ma quale perfezione, poi?) ma in questo caso lo vedo assai pericoloso se non temperato dallo spirito critico e dal desiderio di approfondire non già il proprio bagaglio tecnico bensì quello culturale.
Il saggio indica la luna, lo stolto guarda il dito.
Ecosì, cercando di non diventare uno stolto stasera mi sono sparazzato una signora nona sinfonia di Bruckner diretta da Knappetsbutsch anni '40,iniziando così il corso di rieducazione nordvietnamita....... però che basso che tiravano fuori negli anni '40..... e che violini.........direi quasi setosi
PATOLOGIA INCURABILE!!!!!