Percepire i suoni, ascoltare la musica. Il grande equivoco dell'alta fedeltà

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  1. #1
    pebibyte L'avatar di marcoc1712
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    Originariamente inviato da aletas
    Il vantaggio è quello di intercettare l'onda all'inizio della espansione ottenendo un efficacia migliore, inoltre vengono intercettate le riflessioni provenienti dalla parete anteriore. Svantaggio enorme quello di aver in mezzo alla stanza oggetti esteticamente inaccettabili e ingombranti. Dal momento che hai capacità professionale e strumentazione posso timidamente dirti di provare?
    Per rendere fruibile e di utilità a tutti,questi bellissimi scambi di opinioni ( e di cultura) mi piacerebbe stilare dei "desiderata" per approntare, per vari gradi, un ambiente adatto all'ascolto.
    E' vero che più il pannello è vicino ai diffusori, più copertura radiale offre, quindi in un certo senso è più efficiente. Se parliamo di assorbente 'puro' (inesistente) è così, ma se l'obiettivo sono le prime riflessioni a frequenze medio alte, l'importante è trattare il solo punto che riflette verso il PDA, da individuare con specchio e candela, quindi lo stesso pannello di dimensioni ridotte (60*120), è egualmente efficace anche sul muro.

    Una superficie riflettente (ancorché radiante) restituisce invece l'energia, inviandola in diverse direzioni e, soprattutto, con ritardi diversi, quindi certamente è meglio di uno specchio, ma per lo stesso motivo che la rende maggiormente efficace, più è vicina più l'energia riflessa andrà ad interferire con l'emissione primaria del diffusore. Stesso motivo per cui non metterei un diffusore sulla parete posteriore al punto di ascolto se questo non è ben distante.

    Certamente si può provare, anzi con assorbitori l'ho già fatto in situazioni in cui un mobile o una colonna 'rompevano le scatole' e ti posso confermare che è meglio un pannello che, appunto, la superficie riflettente del mobile o della colonna, non ne ho la controprova specifica (non potevo tagliare la colonna), ma sono sicuro che nulla sarebbe stato ancor meglio del pannello. Diffusori... avrai capito cosa ne penso nei piccoli ambienti: meglio della parete liscia, ma non li metterei a scapito di superficie assorbente, ove necessaria.

    Parlando di riflessioni dalla parete anteriore (dietro le casse?) mi spiazzi, non li metti paralleli al muro o eventualmente leggermente orientati verso il PDA, analogamente alle casse? Se realizzi un piccolo schizzo forse capisco meglio, scusa.

    In merito ai desiderata/guida, ne esistono realmente tante in rete che aggiungerne una aumenterebbe solo il 'rumore' e non l'informazione, oltre al fatto che alcune sono scritte da Maestri ed altre da buoni divulgatori mentre io non sono ne l'uno ne l'altro, quindi personalmente mi astengo e preferisco segnalare quelle che ritengo migliori.

    Sempre pronto ad approfondire questo o quell'argomento per quanto posso e secondo il mio limitato sapere e punto di vista, comunque.
    Ciao, Marco.

    "Any intelligent fool can make things bigger, more complex, and more violent. It takes a touch of genius -- and a lot of courage -- to move in the opposite direction."
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  2. #2
    tebibyte
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    Vorrei riportare l'attenzione sull'argomento iniziale del thread ovvero se l'ascolto dei suoni eufonici distolga o meno dall'ascolto consapevole della musica.
    Purtroppo il mio atteggiamento ondivago sull'argomento fa si che il mio orientamento saltelli ora da una parte ora dall'altra. La considerazione che vorrei fare, però, è che il piacere del bel suono rappresenta la parte carnale, quello della musica la parte spirituale prima e intellettuale poi. In pratica il bel suono è maggiormente apprezzabile con segnali musicali non complessi mentre via via che il contenuto musicale si stratifica e si approfondisce, orchestra per prima fino al quartetto d'archi, culmine e summa del sapere musicale del mondo occidentale, il suono eufonico perde d'importanza a favore della comprensione del testo musicale. Insomma un quartetto o un trio ben registrato è gradevole ma non fondamentale, una registrazione scadente di musica pop è semplicemente inascoltabile.
    Mi piacerebbe conoscere se queste sensazioni le condivido con qualcuno oppure no.
    La cosa stupefacente del mondo dell'hifi è che ben pochi si pongono il problema del perchè una riproduzione musicale è soggetta ad un così grande numero di problematiche (registrazione, microfoni, digitale, convertitori, ambiente, tipologia dei diffusori, solo per citare le prime che mi vengono in testa ma potrei continuare l'elencazione per un giorno intero) mentre per altri hobby le variabili si riducano ad un numero sensibilmente più esiguo e, se vogliamo, prevedibile.
    Ebbene, ciò che contraddistingue l'ascolto dei suoni organizzati, come potremmo definire un segnale musicale, lo si può definire con due termini:

    aleatorietà nel divenire

    la percezione sequenziale dei suoni organizzati è, infatti, aleatoria, in quanto ciascun suono dura pochi attimi, ma è anche sequenziale, perchè ciascun suono è in stretta correlazione con quello che lo ha preceduto e con quello che seguirà. Ecco che compare il concetto di memoria acustica, concetto sul quale vorrei tornare più tardi.
    Ora, se ci pensiamo un attimo, cosa contraddistingue l'ascolto della musica dal vivo, il totem audiofilo per eccellenza? Ma la multisensorialità, ovviamente!
    Quando assistiamo ad un concerto, di qualunque genere e tipologia, la nostra non è solo un'esperienza acustica ma multisensoriale, guardiamo, odoriamo, percepiamo fisicamente la realtà che ci circonda. Tutto questo porta ad integrare il linguaggio musicale con l'aspetto visivo e del benessere( o malessere) del momento. Ma allora come potrà mai un ascolto casalingo ottimale, sterilizzato di fatto dallo scarso o nullo apporto degli altri organi di senso, diventare un'esperienza simile? Ovviamente non può ma il nostro cervello, grazie anche all'azione di quegli strumenti limitati ma molto performanti che sono i microfoni in mano ad un bravo tonemaister, ci ricrea, facendoci percepire una iperrealista scena acustica, che supplisce in parte alla vista mancante, rendendoci la ri-produzione di un evento registrato ragionevolmente attendibile. E qui rientra in gioco la nostra memoria acustica, ovvero la capacità di ricordare i suoni e le loro sequenze. Ma stiamo parlando di una memoria o di più memorie acustiche? Io propenderei per la molteplicità delle memorie, perchè è cognizione di ciascuno di noi che abbiamo grande capacità, chi più chi meno, di fischiettare quattro battute di un motivetto ascoltato in radio fino a riscrivere per intero il Miserere di Allegri ascoltato una sola volta (l'ineffabile Wolfgang Amadeus......). Ma siamo proprio sicuri che la memoria per i suoni, per tutti quei parametri di difficile definizione verbale che sono diventati la babele dell'alta fedeltà, sia altrettanto sviluppata? Io credo di no, sono certo che è più facile ricordare il tema principale di una sinfonia classca e di riconoscerlo nelle tante variazioni cui viene sottoposto negli sviluppi piuttosto che il suono dei fagotti di quella esecuzione (o registrazione). Insomma la memoria per i suoni dura assai meno, abbiamo in testa la categoria "fagotto" il cui suono possiamo riconoscere confrontandolo col nostro "catalogo mentale dei suoni archiviati", ma dubito che uno possa riconoscere i fagotti dei Wiener da quelli dei Berliner così facilmente. Ecco che la ricerca del suono eufonico passa solo, almeno è così nel mio caso, attraverso il confronto diretto tra due differenti proposizioni, che avvenga però in un brevissimo lasso di tempo, perchè la memoria dei suoni è tanto aleatoria quanto è persistente quella della musica. In questo modo mi spiego perchè il giudizio a secco di un impianto, a casa di un amico o in mostre, passi per me attraverso la proposizione di brani musicali vari e non conosciuti, perchè solo così riesco a rendermi conto se saltano fuori suoni sgradevoli o tali da non rendermi piacevole la fruizione della musica. Trovo, invece, assai fuorviante andare in giro con i CD in tasca, quelli che ciascuno considera dirimenti e "ben conosciuti", perchè il giudizio di un paragone con la propria "categoria mentale dei suoni archiviati" sarà quanto di più impreciso si possa immaginare. Insomma, la realtà del nostro hobby è veramente complessa e di difficile comprensione soprattutto a causa di una fortissima integrazione corticale, ovvero della corteccia cerebrale umana, macchina straordinaria, plastica e inducibile, che rende ogni tentativo di catalogazione veramente arduo. My-fi? Assolutamente si ma attenzione: esistono basi comuni sulle quali partire per poi arrivare al my-risultato, ma qui inciampiamo sul problema lessicale e sul rendere a parole, in modo ragionevolmente obiettivo, lo scambio dinformazioni......un discreto casino, direi...........

    PS: sto stampando il documento di Russo che merita una lettura offline......
    Ultima modifica di audiodan : 17-06-2015 a 15:31

  3. #3
    tebibyte L'avatar di UnixMan
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    Originariamente inviato da audiodan
    [...] il suono eufonico perde d'importanza a favore della comprensione del testo musicale. Insomma un quartetto o un trio ben registrato è gradevole ma non fondamentale, una registrazione scadente di musica pop è semplicemente inascoltabile.
    Mi piacerebbe conoscere se queste sensazioni le condivido con qualcuno oppure no.
    la cosa mi sorprende alquanto: per me casomai è vero l'esatto contrario!

    Per quella che è la mia esperienza ed il mio sentire, sono sempre stato dell'idea che la musica "pop" la puoi ascoltare con qualsiasi cosa, la classica no.

    Ed in verità la cosa mi sembra abbastanza logica.

    In primo luogo perché la musica "pop" è fatta e pensata proprio per essere riprodotta da sistemi "di massa" - di qualità modesta e con determinate caratteristiche tipiche - e quindi le relative registrazioni sono ottimizzate all'origine proprio per rendere "bene" (si fa per dire...) su quel tipo di sistemi (senza contare per altro che ormai è costituita per lo più da suoni "sintetici" già in origine).

    Inoltre, si tratta di generi in cui il linguaggio musicale è quanto mai ultra-semplificato ed "immediato" (nonché tipicamente povero e rozzo). Per "comprenderne il messaggio" e goderne appieno non serve coglierne tutte le sfumature timbriche, armoniche, tonali, ecc (ammesso e non concesso che ve ne siano...).

    Al contrario la c.d. musica "colta" nasce per l'ascolto dal vivo (non fosse altro perché è nata ben prima dell'invenzione della riproduzione audio) e -soprattutto- il suo linguaggio musicale è infinitamente più complesso, intricato e raffinato. La musica classica vive di dettagli, di sfumature, di piccoli e grandi contrasti, di "colori", ecc, ecc, ...

    ...che a mio avviso nessun sistema di riproduzione esistente è in grado di rendere a pieno. Ed ovviamente men che meno ci riescono i sistemi dozzinali. Stesso dicasi, sebbene in misura forse un po' minore, per il Jazz (almeno per quanto riguarda alcune epoche e "correnti").

    A questo proposito ho sempre trovato sorprendente la apparente(?) correlazione che si può notare tra l'evoluzione dei generi musicali più popolari e quella dei sistemi di riproduzione. Sarà un caso che l'opera lirica (e le sue derivazioni più popolari) sono state soppiantate da forme musicali più semplici e immediate poco dopo l'apparizione dei primi rozzi sistemi di riproduzione fonografica e radiofonica? Che Jazz e affini hanno vissuto la loro epoca di maggiore popolarità nell'era delle valvole, mentre il rock ed il pop moderni sono esplosi con l'avvento dei transistors? Cioè, sarà un caso che, da quando esiste la riproduzione audio (e la relativa industria...) le forme musicali più popolari sono sempre state in un certo qual modo quelle "più adatte" alle caratteristiche tecniche e "sonore" dei sistemi di riproduzione audio dell'epoca?

    Ovviamente pensare che ci sia un nesso di causalità diretto e "completo" mi pare eccessivo ed a dir poco improbabile. Che però tra i modi più comuni di fruizione della musica e l'evoluzione dei generi musicali più popolari (leggi commerciali) una qualche influenza ci sia stata (e ci sia ancora) non lo escluderei affatto...


    P.S.: per quanto riguarda invece il resto del tuo post sono sostanzialmente d'accordo con te.
    Ciao, Paolo.

    «Se tu hai una mela, e io ho una mela, e ce le scambiamo, allora tu ed io abbiamo sempre una mela per uno. Ma se tu hai un'idea, ed io ho un'idea, e ce le scambiamo, allora abbiamo entrambi due idee.»

  4. #4
    pebibyte L'avatar di marcoc1712
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    Originariamente inviato da UnixMan
    la cosa mi sorprende alquanto: per me casomai è vero l'esatto contrario!

    Per quella che è la mia esperienza ed il mio sentire, sono sempre stato dell'idea che la musica "pop" la puoi ascoltare con qualsiasi cosa, la classica no.
    Nel mio impianto ascolto di tutto, ma certamente le esperienze 'peggiori', al limite dell'inascoltabile, le ho fatte con registrazioni pop/rock/r'n'b anni 80, dove il 'sintetico' emerge troppo come tale, si sente che sono mixate per essere suonate su impianti con medio bassi gonfi e alti limitati: disco ed autoradio bum bum, i tecnici facevano evidentemente a gara per rendere il suono più brillante rispetto alle altre incisioni. Sicuramente queste registrazioni risultano più godibili, per i miei gusti, in auto o con l'Ipod. Stesso dicasi di 'moderne' produzioni ipercompresse.

    Con classica e Jazz acustico, salvo rarissimi casi, il suono rimane sempre entro limiti più naturali, al massimo qualche incisione molto vecchia può restituire i limiti della tecnologia di ripresa e dei supporti usati, ma non so come dire, te li aspetti e sei più propenso ad accettarli, a mio avviso. In generale, su un buon impianto è meglio, ma io ascolto con piacere anche in macchina durante i frequenti viaggi e - pur mancando qualcosa - non ho l'impeto di cambiare musica.

    In conclusione, tendo a pensarla come AudioDan.

    Originariamente inviato da UnixMan
    A questo proposito ho sempre trovato sorprendente la apparente(?) correlazione che si può notare tra l'evoluzione dei generi musicali più popolari e quella dei sistemi di riproduzione. Sarà un caso che l'opera lirica (e le sue derivazioni più popolari) sono state soppiantate da forme musicali più semplici e immediate poco dopo l'apparizione dei primi rozzi sistemi di riproduzione fonografica e radiofonica? Che Jazz e affini hanno vissuto la loro epoca di maggiore popolarità nell'era delle valvole, mentre il rock ed il pop moderni sono esplosi con l'avvento dei transistors? Cioè, sarà un caso che, da quando esiste la riproduzione audio (e la relativa industria...) le forme musicali più popolari sono sempre state in un certo qual modo quelle "più adatte" alle caratteristiche tecniche e "sonore" dei sistemi di riproduzione audio dell'epoca?

    Ovviamente pensare che ci sia un nesso di causalità diretto e "completo" mi pare eccessivo ed a dir poco improbabile. Che però tra i modi più comuni di fruizione della musica e l'evoluzione dei generi musicali più popolari (leggi commerciali) una qualche influenza ci sia stata (e ci sia ancora) non lo escluderei affatto...
    Interessante, rapporto analogo all'evoluzione della musica e degli strumenti musicali, in certo qual modo.
    Ciao, Marco.

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  5. #5
    pebibyte L'avatar di marcoc1712
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    Originariamente inviato da audiodan
    Insomma un quartetto o un trio ben registrato è gradevole ma non fondamentale, una registrazione scadente di musica pop è semplicemente inascoltabile.

    Mi piacerebbe conoscere se queste sensazioni le condivido con qualcuno oppure no.
    Per me sono inascoltabili anche molte buone registrazioni di musica POP , ma si, assolutamente si, convengo con te al 100%, anche se ascolto anche registrazioni pessime di ottimo jazz con grande piacere, quindi non lo ritengo patrimonio esclusivo della musica da camera o concertistica.

    Originariamente inviato da audiodan
    E qui rientra in gioco la nostra memoria acustica, ovvero la capacità di ricordare i suoni e le loro sequenze. Ma stiamo parlando di una memoria o di più memorie acustiche? Io propenderei per la molteplicità delle memorie, perchè è cognizione di ciascuno di noi che abbiamo grande capacità, chi più chi meno, di fischiettare quattro battute di un motivetto ascoltato in radio fino a riscrivere per intero il Miserere di Allegri ascoltato una sola volta (l'ineffabile Wolfgang Amadeus......). Ma siamo proprio sicuri che la memoria per i suoni, per tutti quei parametri di difficile definizione verbale che sono diventati la babele dell'alta fedeltà, sia altrettanto sviluppata? Io credo di no, sono certo che è più facile ricordare il tema principale di una sinfonia classca e di riconoscerlo nelle tante variazioni cui viene sottoposto negli sviluppi piuttosto che il suono dei fagotti di quella esecuzione (o registrazione).


    Insomma la memoria per i suoni dura assai meno, abbiamo in testa la categoria "fagotto" il cui suono possiamo riconoscere confrontandolo col nostro "catalogo mentale dei suoni archiviati", ma dubito che uno possa riconoscere i fagotti dei Wiener da quelli dei Berliner così facilmente.
    Ancora una volta ne convengo, a mio avviso è dovuto a due aspetti:

    a. La musica è un linguaggio matematico tutto sommato semplice, un qualsiasi musicista se la 'ricrea' in testa a partire da pochi simboli sullo spartito, anche senza mai averla eseguita o nemmeno sentita prima.

    b. Il suono è pur sempre un fenomeno fisico descrivibile matematicamente (Fourier), ma in termini molto meno 'naturali' ed attraverso linguaggi ben più complessi. Credo sia impossibile per un essere umano (sicuramente lo è per me) ricreare un suono da una sua descrizione se prima non lo ha mai sentito, può solo tentare di approssimarsi ad esso per similitudini e differenze, cioè richiamando esperienze di passate percezioni, capite, descritte ed archiviate. Come ho già scritto altrove, per me è stata illuminante leggere un' intervista a Ton Koopman.

    E' una questione di cultura, molti musicisti e musicofili (non io) riconoscono gli interpreti, il direttore, l' orchestra o lo strumento infallibilmente, per me rimane un mistero capire come fanno, ma ci riescono, quindi probabilmente qualcuno è in grado di riconoscere il suono dei fagotti dei Berliner piuttosto che dei Wiener, non lo escluderei a priori.

    Originariamente inviato da audiodan
    My-fi? Assolutamente si ma attenzione: esistono basi comuni sulle quali partire per poi arrivare al my-risultato,
    Alleluia! Si, si, si, ed assolutamente si. Siamo tutti diversi e quindi percepiamo certamente in modo unico, ma la nostra fisiologia e psicologia in buona parte è comune alla specie, altrimenti ci saremmo giocati Freud e tanti altri, oltre alla possibilità di esprimerci e di farci capire.

    Quindi con tutte le complicazioni e non invarianze di questo stupendo mondo, due cervelli umani sani collegati a 4 orecchie umane sane ed a 2 cuori (fondamentale!) umani sani ospitanti due distinte menti, per buona parte dovrebbero rispondere analogamente agli stessi stimoli e quando così non fosse, si dovrebbero poter individuare delle 'varianze standard' comuni a più individui (analogamente alla percezione distorta dei colori per i daltonici, la distorta percezione delle distanze per gli astigmatici, ecc.) prima di arrivare alle componenti esclusivamente soggettive, che non escludo siano presenti, ma credo non in misura predominante.

    E' un problema eminentemente culturale, sono convinto che percorrendo questa strada si arrivi naturalmente anche alla maggiore standardizzazione dei risultati, non per appiattimento verso il basso come sta avvenendo oggi, ma per consapevole e razionale perseguimento del meglio, non (solo e non più) come ideale soggettivo, ma come riferimento culturale condiviso e descritto tramite il comune linguaggio, anche se necessariamente ricorrendo ad approssimazioni successive mediante similitudini e differenze.

    Forse sogno, ma almeno so di non essere da solo.

    Originariamente inviato da audiodan
    PS: sto stampando il documento di Russo che merita una lettura offline......
    Non stamparlo tutto! si è probabilmente divertito a rendere nel suo scritto l'effetto 'confusione' di cui scrive nel documento stesso, grande inventiva e metodo originale ed in parte anche autoironico, quindi sempre intelligente, ma certamente poco 'ecologico'...

    Se non mi sono perso qualcosa nei meandri dei contenuti 'riflessi', il tutto si riconduce in realtà ad una decina di pagine, le altre 120 non servono (...o forse si, ma io non ho la pazienza di rileggermi il tutto...).
    Ciao, Marco.

    "Any intelligent fool can make things bigger, more complex, and more violent. It takes a touch of genius -- and a lot of courage -- to move in the opposite direction."
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  6. #6
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    Originariamente inviato da marcoc1712
    Per me sono inascoltabili anche molte buone registrazioni di musica POP , ma si, assolutamente si, convengo con te al 100%, anche se ascolto anche registrazioni pessime di ottimo jazz con grande piacere, quindi non lo ritengo patrimonio esclusivo della musica da camera o concertistica.



    Ancora una volta ne convengo, a mio avviso è dovuto a due aspetti:

    a. La musica è un linguaggio matematico tutto sommato semplice, un qualsiasi musicista se la 'ricrea' in testa a partire da pochi simboli sullo spartito, anche senza mai averla eseguita o nemmeno sentita prima.

    b. Il suono è pur sempre un fenomeno fisico descrivibile matematicamente (Fourier), ma in termini molto meno 'naturali' ed attraverso linguaggi ben più complessi. Credo sia impossibile per un essere umano (sicuramente lo è per me) ricreare un suono da una sua descrizione se prima non lo ha mai sentito, può solo tentare di approssimarsi ad esso per similitudini e differenze, cioè richiamando esperienze di passate percezioni, capite, descritte ed archiviate. Come ho già scritto altrove, per me è stata illuminante leggere un' intervista a Ton Koopman.

    E' una questione di cultura, molti musicisti e musicofili (non io) riconoscono gli interpreti, il direttore, l' orchestra o lo strumento infallibilmente, per me rimane un mistero capire come fanno, ma ci riescono, quindi probabilmente qualcuno è in grado di riconoscere il suono dei fagotti dei Berliner piuttosto che dei Wiener, non lo escluderei a priori.



    Alleluia! Si, si, si, ed assolutamente si. Siamo tutti diversi e quindi percepiamo certamente in modo unico, ma la nostra fisiologia e psicologia in buona parte è comune alla specie, altrimenti ci saremmo giocati Freud e tanti altri, oltre alla possibilità di esprimerci e di farci capire.

    Quindi con tutte le complicazioni e non invarianze di questo stupendo mondo, due cervelli umani sani collegati a 4 orecchie umane sane ed a 2 cuori (fondamentale!) umani sani ospitanti due distinte menti, per buona parte dovrebbero rispondere analogamente agli stessi stimoli e quando così non fosse, si dovrebbero poter individuare delle 'varianze standard' comuni a più individui (analogamente alla percezione distorta dei colori per i daltonici, la distorta percezione delle distanze per gli astigmatici, ecc.) prima di arrivare alle componenti esclusivamente soggettive, che non escludo siano presenti, ma credo non in misura predominante.

    E' un problema eminentemente culturale, sono convinto che percorrendo questa strada si arrivi naturalmente anche alla maggiore standardizzazione dei risultati, non per appiattimento verso il basso come sta avvenendo oggi, ma per consapevole e razionale perseguimento del meglio, non (solo e non più) come ideale soggettivo, ma come riferimento culturale condiviso e descritto tramite il comune linguaggio, anche se necessariamente ricorrendo ad approssimazioni successive mediante similitudini e differenze.

    Forse sogno, ma almeno so di non essere da solo.



    Non stamparlo tutto! si è probabilmente divertito a rendere nel suo scritto l'effetto 'confusione' di cui scrive nel documento stesso, grande inventiva e metodo originale ed in parte anche autoironico, quindi sempre intelligente, ma certamente poco 'ecologico'...

    Se non mi sono perso qualcosa nei meandri dei contenuti 'riflessi', il tutto si riconduce in realtà ad una decina di pagine, le altre 120 non servono (...o forse si, ma io non ho la pazienza di rileggermi il tutto...).
    Senti Marco ....a te piace un po' troppo parlare ....ma stai un po' attento anche a me.
    Il contenuto del documento l'ho corretto....ho sbagliato io e non Russo ....purtroppo mi è scappato di ridondare il documento....tutto qui.
    Ho speso dei post per cercare di segnalarlo ma tu continui a sbertucciarmi.
    Ti invito a leggerlo con attenzione e a non trarre conclusioni un po' affrettate come temo stai facendo.
    Citi il teorema di Fourier di cui non ci frega niente perchè e un teorema che risiede nell'invarianza . Ti pare che la percezione possa appartenere al mondo dell'invarianza?
    tutto cio' che ci circonda appartiene alla non-invarianza dei sistemi cioe' se ti piace nel caos ma il nostro cervello lo sà perfettamente e fà la sua cernita approssimativa.
    Se il mio contributo ti è servito solo per corroborare le tue idee che io ancora faccio fatica a seguire....scendi dal pulpito per un istante e leggi.
    Le parole che spendi sul documento (purtroppo anche per colpa mia) credimi hanno poco senso....ti invito a rileggere con umiltà.....non farli passare per intelligenti vaneggiamenti
    autoironici, perchè in questo caso sei proprio fuori strada...e mi dispiace doverlo dire . All'ing. Russo viene sempre travisato tutto....perchè dice il vero. E' ovvio.
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  7. #7
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    Senti Marco ....a te piace un po' troppo parlare ....ma stai un po' attento anche a me.
    Il contenuto del documento l'ho corretto....ho sbagliato io e non Russo ....purtroppo mi è scappato di ridondare il documento....tutto qui.
    Ho speso dei post per cercare di segnalarlo ma tu continui a sbertucciarmi.
    Ti invito a leggerlo con attenzione e a non trarre conclusioni un po' affrettate come temo stai facendo.
    Citi il teorema di Fourier di cui non ci frega niente perchè e un teorema che risiede nell'invarianza . Ti pare che la percezione possa appartenere al mondo dell'invarianza?
    tutto cio' che ci circonda appartiene alla non-invarianza dei sistemi cioe' se ti piace nel caos ma il nostro cervello lo sà perfettamente e fà la sua cernita approssimativa.
    Se il mio contributo ti è servito solo per corroborare le tue idee che io ancora faccio fatica a seguire....scendi dal pulpito per un istante e leggi.
    Le parole che spendi sul documento (purtroppo anche per colpa mia) credimi hanno poco senso....ti invito a rileggere con umiltà.....non farli passare per intelligenti vaneggiamenti
    autoironici, perchè in questo caso sei proprio fuori strada...e mi dispiace doverlo dire . All'ing. Russo viene sempre travisato tutto....perchè dice il vero. E' ovvio.
    Ti chiedo scusa, hai postato mentre scrivevo e quindo non ho visto, è un limite dello strumento forum.. Comunque non c'era in me nessuna volontà di sbertucciare nessuno, tanto meno te, come potevo sapere si trattasse di un tuo errore e non di una sua volontà?

    Se è venuto per caso, è risultato particolarmente bene, tant'è che ho considerato il metodo (non il contenuto, che non ho ancora digerito integralmente, quindi non traggo conclusioni di sorta) intelligente, evidentemente peccando di ottimismo...

    Ho citato Fourier solo come esempio in merito al metodo per descrivere un suono, come somma di tutte le componenti che lo compongono, ben sapendo che è valido solo per suoni 'tenuti' e non per i transienti di attacco e rilascio, ma in questo contesto non mi pareva importante. Il senso del mio ragionamento non cambia: la musica è descrivibile rigorosamente con relativamente poche informazioni , mentre il suono - ammesso sia possibile - ne richiede molte di più. Va meglio così?

    Il punto è: perchè è così? perchè il linguaggio musicale pur essendo preciso e rigoroso, non cerca di ricreare 'la percezione' della musica, ma descrive semplicemente le relazioni matematiche tra i 'suoni' che la compongono IN ASTRATTO, per diventare percettibile richiede una interpretazione: solo 'intellettuale' per chi dispone degli strumenti culturali necessari, inevitabilmente fisica (quindi per interposta comprensione ed esecuzione, cioè interpretazione) per gli altri.

    Il musicista 'ascolta' la musica con la mente sola, a me (ma penso a molti altri) servono anche le orecchie, dato che ho bisogno che la musica venga interpretata dall'artista e resa in termini di suono per essere da me percepita, tutti i problemi di cui parliamo si originano qui, la 'musica' ne è esente, Beethoven 'sentiva' e creava musica pur essendo sordo, non credo si preoccupasse dell'invarianza...

    Non capisco come il fatto che tu non abbia compreso alcune delle mie affermazioni (probabilmente perché le ho espresse male io) dovrebbe impedirmi di individuare alcune assonanze - per me - sorprendenti nel documento di Russo che hai postato con il mio pensiero (che concederai io possa avere chiaro, o no?) Lo scopo per cui lo hai postato è, in questo senso, ininfluente, non trovi?

    Per questo consigliavo il primitivo...
    Ultima modifica di marcoc1712 : 18-06-2015 a 00:32
    Ciao, Marco.

    "Any intelligent fool can make things bigger, more complex, and more violent. It takes a touch of genius -- and a lot of courage -- to move in the opposite direction."
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  8. #8
    tebibyte L'avatar di bigtube
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    Ti chiedo scusa, hai postato mentre scrivevo e quindo non ho visto, è un limite dello strumento forum.. Comunque non c'era in me nessuna volontà di sbertucciare nessuno, tanto meno te, come potevo sapere si trattasse di un tuo errore e non di una sua volontà?

    Se è venuto per caso, è risultato particolarmente bene, tant'è che ho considerato il metodo (non il contenuto, che non ho ancora digerito integralmente, quindi non traggo conclusioni di sorta) intelligente, evidentemente peccando di ottimismo...

    Ho citato Fourier solo come esempio in merito al metodo per descrivere un suono, come somma di tutte le componenti che lo compongono, ben sapendo che è valido solo per suoni 'tenuti' e non per i transienti di attacco e rilascio, ma in questo contesto non mi pareva importante. Il senso del mio ragionamento non cambia: la musica è descrivibile rigorosamente con relativamente poche informazioni , mentre il suono - ammesso sia possibile - ne richiede molte di più. Va meglio così?

    Il punto è: perchè è così? perchè il linguaggio musicale pur essendo preciso e rigoroso, non cerca di ricreare 'la percezione' della musica, ma descrive semplicemente le relazioni matematiche tra i 'suoni' che la compongono IN ASTRATTO, per diventare percettibile richiede una interpretazione: 'intellettuale' per chi dispone degli strumenti culturali necessari, inevitabilmente fisica (quindi per interposta interpretazione ed esecuzione, cioè interpretazione) per gli altri.

    Il musicista 'ascolta' la musica con la mente sola, a me (ma penso a molti altri) servono anche le orecchie, dato che ho bisogno che la musica venga interpretata dall'artista e resa in termini di suono per essere da me percepita, tutti i problemi di cui parliamo si originano qui, la 'musica' ne è esente, Beethoven 'sentiva' e creava musica pur essendo sordo, non credo si preoccupasse dell'invarianza...

    Non capisco come il fatto che tu non abbia compreso alcune delle mie affermazioni (probabilmente perché le ho espresse male io) dovrebbe impedirmi di individuare alcune assonanze - per me - sorprendenti nel documento di Russo che hai postato con il mio pensiero (che concederai io possa avere chiaro, o no?) Lo scopo per cui lo hai postato è, in questo senso, ininfluente, non trovi?

    Per questo consigliavo il primitivo...
    Il musicista da artista "immagina" il suono o meglio la sequenza dei suoni e senza questo immaginare il suono nel suo sviluppo sequenziale non ce ne puo' elargire il significato
    Tu credi che Hendrix non avesse chiaro come il suo suono doveva emozionarci e cosi pure Beethoven. A entrambi bastava l'immaginazione e a noi ascoltare. L'immaginazione
    si investe anche della fisicita' del suono, non è un pensiero astratto di associazioni di note, la mente percorre l'evento come se accadesse fisicamente in tutta la sua complessita'
    anche nella fusione di piu' suoni. Per l'artista l'effetto voluto si avvererà perchè l'ha immaginato nella completezza della fisicità . L'artista sà percepire anche come ingannare chi
    ascolta nel mischiare i colori dei suoni per raggiungere una precisa emozione che per primo ha vissuto nella sua mente. L'artista non lavora in astratto, vive nello stesso mondo
    in cui viviamo tutti ma lui cerca di convogliare nell'arte dei suoni la ricerca dei significati che appartengono a tutti. E infatti questa scoperta di comunanza e di riconoscimento dei
    significati ci emoziona, è come scoprire qualcosa che gia' esiste in noi ma che scoprimo in quel momento quasi inopinatamente come se fosse la prima volta, L'artista lo sa'
    anche se non fosse perfettamente consapevole, lo sa' e basta e cosi com'è lo deve esprimere.
    Cio' che ho detto riconduce alla psicologia di chi ascolta la musica riprodotta . Nell'ascolto noi vogliamo ricreare il miracolo dell'emozione musicale nella fisicita' specifica voluta
    dall'artista che sà come appagare questo bisogno anche suo.....si mette a suonare o fa' suonare l'orchestra "a bacchetta"....senno' son dolori....come faceva Frank Zappa che
    cacciava chiunque non eseguisse a puntino come desiderava lui.
    Quindi non c'è per me nessuna distanza dall'artista.....viviamo la musica con la stessa emozione fisica e spirituale....la mia gratitudine è per la sua scoperta condivisa .
    Che se ne fa' della sua musica se non per condividerla con chi l'ascolta?
    In sostanza Marco questa astrattezza di cui parli del messaggio musicale ridotto a concetto matematico io non ce la vedo nel meccanismo creativo.
    L'artista come chi non lo è ma è un essere umano ama mettere ordine nel caos del mondo che ci circonda....perchè sà che l'ordine esiste e sta a noi rintracciarne il significato
    senza venire annientati dalla ottusità del quotidiano....l'entropia dell'esistenza che accomuna tutti.
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  9. #9
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    Originariamente inviato da bigtube
    Il musicista da artista "immagina" il suono o meglio la sequenza dei suoni e senza questo immaginare il suono nel suo sviluppo sequenziale non ce ne puo' elargire il significato
    Tu credi che Hendrix non avesse chiaro come il suo suono doveva emozionarci e cosi pure Beethoven. A entrambi bastava l'immaginazione e a noi ascoltare. L'immaginazione
    si investe anche della fisicita' del suono, non è un pensiero astratto di associazioni di note, la mente percorre l'evento come se accadesse fisicamente in tutta la sua complessita'
    anche nella fusione di piu' suoni. Per l'artista l'effetto voluto si avvererà perchè l'ha immaginato nella completezza della fisicità . L'artista sà percepire anche come ingannare chi
    ascolta nel mischiare i colori dei suoni per raggiungere una precisa emozione che per primo ha vissuto nella sua mente. L'artista non lavora in astratto, vive nello stesso mondo
    in cui viviamo tutti ma lui cerca di convogliare nell'arte dei suoni la ricerca dei significati che appartengono a tutti. E infatti questa scoperta di comunanza e di riconoscimento dei
    significati ci emoziona, è come scoprire qualcosa che gia' esiste in noi ma che scoprimo in quel momento quasi inopinatamente come se fosse la prima volta, L'artista lo sa'
    anche se non fosse perfettamente consapevole, lo sa' e basta e cosi com'è lo deve esprimere.
    Cio' che ho detto riconduce alla psicologia di chi ascolta la musica riprodotta . Nell'ascolto noi vogliamo ricreare il miracolo dell'emozione musicale nella fisicita' specifica voluta
    dall'artista che sà come appagare questo bisogno anche suo.....si mette a suonare o fa' suonare l'orchestra "a bacchetta"....senno' son dolori....come faceva Frank Zappa che
    cacciava chiunque non eseguisse a puntino come desiderava lui.
    Quindi non c'è per me nessuna distanza dall'artista.....viviamo la musica con la stessa emozione fisica e spirituale....la mia gratitudine è per la sua scoperta condivisa .
    Che se ne fa' della sua musica se non per condividerla con chi l'ascolta?
    In sostanza Marco questa astrattezza di cui parli del messaggio musicale ridotto a concetto matematico io non ce la vedo nel meccanismo creativo.
    L'artista come chi non lo è ma è un essere umano ama mettere ordine nel caos del mondo che ci circonda....perchè sà che l'ordine esiste e sta a noi rintracciarne il significato
    senza venire annientati dalla ottusità del quotidiano....l'entropia dell'esistenza che accomuna tutti.
    Giovanni, io stavo molto più terra terra: se scarabocchio un pentagramma e te lo mando (ammesso che sia io che te siamo in grado di scrivere e leggere la musica, cioè condividiamo il linguaggio) tu sei in grado di comprendere la mia 'creazione' semplicemente canticchiandotela tra te e te (a questo faceva riferimento Audiodan parlando di diverse memorie sonore) quindi c'è stato un trasferimento di informazione musicale senza il suono, lo trascende, ne convieni?

    Se voglio mandarti le istruzioni per riprodurre un suono, un semplice suono tenuto, (io) non ho modo di farlo, se non inviandotene una sua registrazione il più definita possibile, ben sapendo che ho sicuramente commesso errori nel prenderla e ne aggiungerà il tuo sistema nell'interpretarla, quindi seppur molto più dettagliata l'informazione in merito al suono è inferiore di quella in merito alla musica. Ne convieni?

    Il motivo è che la musica NON è il suono, lo trascende. Per 'rendere' la musica a chi non ha capacità di interpretarla (o voglia semplicemente sentirla) si debbono produrre suoni. Il suono è il 'media' fisico, la musica ne dipende non più di quanto il significato dipenda dal suono delle parole (che puoi in alternativa leggere e capire senza l'interposizione del suono 'fisico').

    Beethoven quando ha scritto la nona era completamente sordo, eppure ha fatto l'orchestrazione e diretto la sua prima, senza poter 'sentire' i suoni evocati dalla sua musica. Convieni con me che è riuscito a comunicare agli orchestrali tutto quanto è stato necessario perché la nona sinfonia prendesse vita in quello spazio tempo reale (per citare Russo), pur non potendo 'verificarlo' percettivamente? Questo non vuol dire che esistono media alternativi al suono 'fisico' e complementari alla partitura, disponibili all'artista per comunicare la propria idea di come rendere al musica attraverso il suono? E' in altre parole quello che sostiene Ton Koopman in merito alla possibilità di 'recuperare' il suono dell'esecuzione originale di partiture antiche, grazie ad informazioni collaterali ed anche se nessuno in vita le ha potute sentire realmente e quindi 'riprodurlo' (cioè produrlo nuovamente) utilizzando strumenti originali.

    Ovviamente è molto probabile che la riproduzione sia imperfetta, ma il termine di paragone non è l'effettivo suono di un preciso luogo e tempo, ma l'idea che si è creata di quel suono nella sua mente, grazie ad un processo per nulla empirico (nessuna percezione) ma completamente culturale.

    Probabilmente Beethoven era ancora più pignolo di Zappa, chi lo sa, ma Zappa aveva il conforto di poter 'sentire' quello che la band produceva, (con tutti i limiti di un sistema non invariante, mascheramenti, ecc.) SE quello che sentiva coincideva con l'idea di musica nella sua mente era buono, altrimenti no e lo rifaceva.

    Quindi?

    Per me quanto sopra chiarisce che:

    a. La musica non è il suono fisico, lo trascende e può 'prendere atto' anche in sua assenza.
    b. Il suono fisico è il media per trasferire sensorialmente la musica dalla mente dell'esecutore a quella dell'ascoltatore.
    c. Il passaggio tra la mente del compositore e quella dell'esecutore può giovarsi del suono, ma non è indispensabile, può avvenire anche solo mediante simboli linguistici, di cui il principale ma non l'unico è la partitura, pur rimanendo la musica evidentemente se stessa.
    d. Che sia trasportata da suoni o da simboli, la musica per essere compresa richiede capacità di elaborazione, influenzate (in diversa misura) da fattori culturali.
    e.Una volta compresa la musica, una persona dotata delle necessarie conoscenze culturali e tecniche (in diversa misura) è in grado di 'riprodurla' per simboli e/o mediante suono, in questo caso 'interpretandola', cioè completando le informazioni in base alla propria sensibilità, competenza e capacità tecnica, nei limiti delle potenzialità dello strumento o voce.

    Quanto sopra comporta che il trasferimento di informazione 'musicale' avviene potenzialmente senza perdita, se tutti gli attori dispongono dei comuni mezzi culturali atti a comprenderla, mentre non è così per il suono in se: ogni volta che la musica viene interpretata si ottiene un risultato diverso, pur rimanendo la stessa musica, per definizione. Le cause di queste differenze sono almeno di tre tipi:

    a. diversità di interpretazione: i suoni nascono intenzionalmente diversi.
    b. diversità di resa: i suoni, anche quando intenzionalmente uguali, si manifestano diversamente per cause fisiche.
    c. diversità di percezione: anche quando resi in modo identico (idealmente) i suoni vengono percepiti diversamente.

    E stiamo parlando di musica dal vivo! Introducendo la riproduzione anche ipotizzando assenza di 'interpretazione' da parte del sistema (ma non è così) abbiamo due nuovi punti B e C.

    Tutto questo per dire che o riusciamo ad astrarre un linguaggio, anche non dettagliatissimo ma preciso e rigoroso per descrivere il suono, così da consentirne il trasferimento senza perdita di informazione tra mente e mente, o non se ne può uscire in linea teorica.

    A questo credo ci fossimo già arrivati ragionando con Paolo ed altri, mi sento comunque confortato nella diagnosi da molto di quanto scrive Russo: i sintomi riconosciuti sono praticamente gli stessi, le cause soggiacenti molto simili e la sua analisi dei fenomeni in atto non mi sembra così distante da quanto dicono altri e riportato in questo e nell'altro THD, salvo smentita ovviamente.

    La prognosi è comunque segnata dalla consapevolezza che il problema non si può risolvere, ma solo provare a ridurre. Russo indica le sue strade (alcune delle quali non ho ancora capito a fondo) in parte 'culturali' che mi sento di sottoscrivere in linea generale, altre 'tecniche' che probabilmente non sono nemmeno in grado di valutare, bisognerebbe provarle, certo, anche se - senza voler offendere nessuno e senza nessuna particolare avversione verso MOSS o Russo - la sua pretesa che l'unica strada da seguire sia la sua mi lascia un po perplesso, ma sicuramente è scetticismo innato esacerbato dalla mia ignoranza, non lo metto in dubbio.

    Un passo per volta, comunque. Se riuscissimo a condividere la diagnosi e la necessità di operare sia (Russo dice prima) sul fronte culturale che su quello tecnico, sarebbe già un enorme passo avanti.
    Ultima modifica di marcoc1712 : 18-06-2015 a 04:52
    Ciao, Marco.

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    Originariamente inviato da marcoc1712
    E' vero che più il pannello è vicino ai diffusori, più copertura radiale offre, quindi in un certo senso è più efficiente. Se parliamo di assorbente 'puro' (inesistente) è così, ma se l'obiettivo sono le prime riflessioni a frequenze medio alte, l'importante è trattare il solo punto che riflette verso il PDA, da individuare con specchio e candela, quindi lo stesso pannello di dimensioni ridotte (60*120), è egualmente efficace anche sul muro.

    Una superficie riflettente (ancorché radiante) restituisce invece l'energia, inviandola in diverse direzioni e, soprattutto, con ritardi diversi, quindi certamente è meglio di uno specchio, ma per lo stesso motivo che la rende maggiormente efficace, più è vicina più l'energia riflessa andrà ad interferire con l'emissione primaria del diffusore. Stesso motivo per cui non metterei un diffusore sulla parete posteriore al punto di ascolto se questo non è ben distante.

    Certamente si può provare, anzi con assorbitori l'ho già fatto in situazioni in cui un mobile o una colonna 'rompevano le scatole' e ti posso confermare che è meglio un pannello che, appunto, la superficie riflettente del mobile o della colonna, non ne ho la controprova specifica (non potevo tagliare la colonna), ma sono sicuro che nulla sarebbe stato ancor meglio del pannello. Diffusori... avrai capito cosa ne penso nei piccoli ambienti: meglio della parete liscia, ma non li metterei a scapito di superficie assorbente, ove necessaria.

    Parlando di riflessioni dalla parete anteriore (dietro le casse?) mi spiazzi, non li metti paralleli al muro o eventualmente leggermente orientati verso il PDA, analogamente alle casse? Se realizzi un piccolo schizzo forse capisco meglio, scusa.

    In merito ai desiderata/guida, ne esistono realmente tante in rete che aggiungerne una aumenterebbe solo il 'rumore' e non l'informazione, oltre al fatto che alcune sono scritte da Maestri ed altre da buoni divulgatori mentre io non sono ne l'uno ne l'altro, quindi personalmente mi astengo e preferisco segnalare quelle che ritengo migliori.

    Sempre pronto ad approfondire questo o quell'argomento per quanto posso e secondo il mio limitato sapere e punto di vista, comunque.
    Appena ho un po' di tempo posto un disegno, mi piacerebbe approfondire l'argomento dal momento che sicuramente interessa a molti,grazie Marco della disponibilità.
    Alessandro

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