Ieri , complice tubone (Bigtube) che si è caricato PC e alimentatore, abbiamo fatto una mattinata di prova comparativa tra il mio sistemone (HQ+NAA-Diabolidak) e il suo, che verrà da lui descritto, quando ne avrà voglia, con dovizia di particolari, visto che non stiamo discutendo di HW ma di filosofie di sistemi.
Assunto un antistaminico, Linux mi fa venire i pomfi allergici c'è poco da fare, abbiamo passato circa un'ora a cercare di far dialogare una delle macchine wndows disponibili con il suo server musicale e solo grazie alla pazienza giobbesca (non si direbbe quando scrive, eh?) del buon Tubons alla fine musica è sgorgata dai diffusori.
Ad evitare di tirarla troppo in lungo faccio due affermazioni decise e recise:
1) E' il miglior suono che abbia sentito da un sistema Linux
2) Mantiene le caratteristche soniche, seppure attenuate, di ogni sistema linux fin qui ascoltato
3) Continuo a trovare la conversione PCM>DSD128 superiore a qualsiasi altra riproduzione digitale fin qui ascoltata
Ma che cosa intendo per "suono Linux"? Presto detto: la caratteristica che più mi disturba e che balza maggiormente alle orecchie è una punta di acidità e di metallicità dell'intera gamma medioalta, che crea un aurea intorno alle voci femminili (ma anche maschili), la stessa che fa diventare il suono della chitarra più quello di un dobro che di uno strumento ligneo. Ma il particolare su cui io trovo la maggiore differenza è la quantità di microinformazioni che arriva all'orecchio, ovverò quel particolare che permette la correttezza timbrica insieme ai dati ambientali, che vuol dire anche avere una influenza importante su tempi di decadimento dei suoni. Se fate caso, nelle registrazioni dove sia presente un'ambienza spiccata, che sia vera o artificialmente aggiunta non importa, i suoni tendono a formare un continuum ondulante, tra la fine di un suono e l'inizio del successivo resta una coda che funge da liason. In sistemi con scarsa capacità di riprodurre la microdinamica e non particolarmente veloci questo effetto diventa confusione e perdita di identità del suono stesso, diciamo così, mentre in sistemi più rffinati si riescono a cogliere i pregi ( e i difetti) di un'impostazione sonora siffatta perchè i suoni pur legandosi, mantengono una loro identità e riconoscibilità. Spesso questo fenomeno è facilmente riscontrabile col clavicembalo, strumento difficilissimo da registrare, perchè nel live,ascoltato in condizioni ottimali, esso ha un suono etereo e nel contempo cristallino, ricchissimo di armonici ma con attacchi velocissimi. La ripresa microfonica ravvicinata ( come spesso è, ahimè, per necessità) fa diventare lo strumento duro, aggressivo e metallico.
D'altronde se si posizionano i microfoni più lontano il suono diventa etereo ma confuso. Ecco, i sistemi linux suonano un pò come il clavicembalo registrato da vicino, un po' aggressivi, un po' metallici, con un scarso contenuto di armonici. Con Voyage lo si avverte di meno, il suono è più gradevole e meno spiccatamente squadrato. Però mi rendo perfettamente conto che quanto ho cercato di descrivere può avere dei riscontri anche positivi, er esempio per chi ascolta prevalentemente musica elettrica, rock in particolare, perchè questo è il suono riprodotto dai moderni sistemi di amplificazione, ben diversi dagli amplificatori valvolari ( e dagli impianti voce sempre valvolari) di cinquant'anni fa. E allora che ognuno si cerchi la sua strada, in fondo dipende da troppi fattori.
Comunque anche questa volta mi sono scampato il rischio di dovermi mettere a studiare l'anatomia del pinguino..........fiuuuuu che rischio!