Sapete che quando inizio una discussione non lo faccio quasi mai per parlare di un DAC o di una marca di RAM, quindi siete avvertiti: continuate a leggere a vostro rischio e pericolo... e possibilmente procuratevi del primitivo.
Bene, ai pochi arditi racconto quello che è rimasto, complice il caldo, la bella serata ed un paio di bottiglie di ottimo primitivo, di una amabile chiacchierata con un amico ascoltatore di musica (non ama definirsi audiofilo e quindi lo rispetto, ma la sua taverna - o cantina, come la chiama lui - farebbe felici molti, ve lo assicuro), musicista e professore universitario.
Si parlava di acustica e psicoacustica e lui, partendo dal paragone con le illusioni ottiche, ha richiamato la mia attenzione su un bel lavoro che è stato realizzato dall'università di Modena e Reggio di cui riporto il link.
Sono aspetti legarti alla percezione uditiva noti e sfruttati da secoli, alcuni li conoscevo, altri no (provate la scala di Shepard e la fondamentale mancante) in complesso rendono bene l'idea di quanto sia fallace il nostro apparato sensoriale. Il fatto è che - questi come molti altri - sono effetti che possono egualmente essere sfruttati dal compositore, dal musicista o dal tecnico e quindi essere già presenti nel messaggio musicale, ma anche 'aggiunti' dai nostri amati e blasonati componenti - hw o sw - per 'illuderci' di maggiore estensione, dettaglio, calore, presenza, ecc.
Il punto cruciale è che per loro natura sfuggono alle misure (di fatto non esistono al di fuori del nostro orecchio e/o cervello), ma non di meno sono matematicamente veri e perfettamente descrivibili in modo oggettivo e proprio per questo sono stati osservati, catalogati e riconosciuti, anche se non è possibile stabilire 'come' e solo approssimativamente in che misura ogni singolo li percepisca effettivamente.
La domanda che mi pongo è: possibile che alla descrizione e spiegazione 'oggettiva' - che, come quanto sopra dimostra, non significa solo misurazione strumentale e nemmeno comporta universalità o identità di grado - sfugga solo la percezione dei fenomeni (elettro)acustici che riguardano gli audiofili?
Le alternative sono poche:
a. non esistono (nessuna differenza rispetto al placebo).
b. non siamo (come popolazione di audiofili nell'universo dei fruitori di musica) sufficientemente numerosi da rappresentare un campione significativo agli occhi di chi si occupa di tali fenomeni, per cui, in termini assoluti, il fenomeno è considerato dubbio e non sistematico, in quanto avvertito soggettivamente solo da una minoranza non significativa di individui. (i.e effetti collaterali riconosciuti sul bugiardino).
c. non siamo (come popolazione parziale di audiofili che sperimenta i fenomeni) in grado di descriverli con sufficiente omogeneità di linguaggio da consentire l'emergere di un 'consenso' sull'esistenza, natura e circostanze degli stessi, che quindi vengono considerati non esistenti o dubbi (i.e effetti collaterali 'sporadici' che ' vengono riportati...' sul bugiardino).
Scusate il paragone con i farmaci, sicuramente infelice, ma è quello che mi è risultato più immediato, in più, continuando in metafora, è certamente possibile che noi si venga indotti a comportarsi come quei pazienti che una volta letto il bugiardino, riconoscono in se stessi i sintomi di tutti (o molti) degli effetti collaterali più nefasti provocati dal farmaco, quindi giù con gli antidoti in una spirale infinita, di cui inevitabilmente approfittano imbonitori e spacciatori di rimedi miracolosi.
Come se ne esce?
Una strada potrebbe essere quella dell'obbligo della ricetta e l'istituzione del controllo su medici e farmacisti, ma - per fortuna - siamo in regime di libero mercato.
Non rimane che la strada dell'educazione, buon senso ed esperienza, nell'ordine. Per fortuna l'intossicazione in quest'ambito non è (quasi mai) mortale...